PENSIERI E IMPRESSIONI DI
UN TRAIL RUNNER
ALLA SCOPERTA DEL
GIAPPONE.
Negli ultimi 3 mesi mi sono
trasferito nel paese del Sol Levante e più precisamente
a Kyoto, in Giappone. Professore in visita alla
Kyoto University, Yukawa Institute for Theoretical Physics e un mondo nuovo da
esplorare. Naturalmente non potevano mancare le scarpe da correre e sopratutto
le scarpe da trail.
Kyoto è stata la capitale
del Giappone per circa mille anni, dall’epoca
dell’unificazione
fino alla fine dell’ottocento, e conserva un quantità
inverosimile di testimonianze storiche e architettoniche. La città è
letteralmente costruita attorno al palazzo imperiale e ai 500 templi della
cultura buddista e scintoista. In ogni strada e angolo della città si
trova un tempio di qualsivoglia dimensione con giardini magnifici e parchi
strepitosi.
Kyoto inoltre è circondata
da una catena montuosa con altezze tra gli 800 e 1200 metri attraversata da
migliaia di sentieri. Quello più famoso è il Kyoto Trail di circa 80 km che percorre per 270
gradi il perimetro da est a ovest della città. Che c’è
di meglio? Un luna park di sentieri fantastici da correre.
Nei primi giorni mi acclimato, faccio
passare un po’ di jet-leg e comincio l’esplorazione. Prima uscita per
sgranchire le gambe lungo il Kamogawa. Un lunghissimo fiume che taglia da nord
a sud Kyoto, oasi di pace con i sentieri sulle due sponde. Moltissimi runners
giapponesi, qualche biker (e se non stai attento ti stira) e molta gente che
passeggia.
Arrivo in tarda primavera, ho la fortuna di assistere agli ultimi
ciliegi in fiore, e noto che i runner giapponesi corrono
vestiti da capo ai piedi. Calzoni lunghi, maniche lunghe, cappello, guanti,
fazzoletto al collo. La cosa incredibile che non si spogliano nemmeno quando le
temperature salgono. Adesso in estate c’è ancora gente
che corre con i calzoni lunghi!
Poi comincia l’esplorazione collinare. Qui
i gioielli di Kyoto cominciano ad apparire: templi magnifici, con portali
(Torij) di legno dipinti di arancione, costruzioni di legno imponenti, statue
di varie forme, volpi, orsi, gatti, divinita’ curiose (Tengu), ecc…..
Ma poi il bello inizia davvero. Si parte,
prima meta Mont. Damonji. Sopra Kyoto. Una montagnetta di 500 metri con il
primo tratto del Kyoto Trail. Si inizia ovviamente da un tempio, poi la grotta
di un eremita, e il sentiero si fa impestato, radici e alberi. Si sale fino in
vetta circa 8km. E qui per la prima volta mi rendo conto che i Giapponesi sono
grandi amanti del trekking e del trail. Incontro sia corridori che camminatori.
Questi ultimi attrezzati per spedizioni
sul K2, un po’
anzianotti, ma belli tosti. Gruppi di 20/30 camminatori, uomini
e donne con materiale tecnico di prim’ordine che mi lasciano tranquillamente
passare sia in salita che in discesa. Sulla cima del monte i resti di tempio
del 600 d.c., poi lunga scalinata fino Ginkakuji-mae, un altro magnifico
tempio. 16km, 900 metri di dislivello.
La settimana successiva parto per un giro
più lungo. Salgo finalmente al monte sacro: Mont. Hiei. Culla del buddismo più
intransigente. Sede di una delle scuole più rinomate del buddismo nonché la
casa dei monaci Maratoneti (vedi sotto).
Una salitona di 800 metri in 8km, in un
bosco magnifico di conifere, aceri e altre specie. Vedo un paio di daini e
parecchi trekker. Arrivo in cima, e incontro diverse comitive (in cima si
arriva anche con la funivia). Poi passo attraverso lo Shakado-Mae (un tempio in legno
magnifico) e proseguo
lungo il Kyoto trail fino a Ohara e infine (perdendomi un
paio di volte) fino a Kurama. Sede di alcuna delle più antiche Onsen (i bagni
termali giapponesi). Al rientro, trovo uno dei più bei boschi che abbia mai
visto e mi lancio in una discesa senza fiato.
Orgasmo puro, alla fine 34km, 1800 metri
di dislivello positivo.
Finalmente arriva il giorno del
superlungo. Mi organizzo con cartine, acqua, qualche gel, una barretta di
fagioli Azuki (fagioli dolci giapponesi) e mi dirigo verso Arashiyama. Il luogo
è rinomato per un magnifico bosco di bamboo, un
parco bellissimo, il fiume, gli innumerevoli templi e vari ristoranti
affollatissimi. Arrivo alla stazione degli autobus alle 6 a.m. e parto. Mi
dirigo subito in montagna tra le grida dei macachi (che purtroppo non riesco ad
avvistare), mi inerpico fino sul crinale che divide la vallata di Kyoto da una
valletta stretta con un fiume. Il sentiero è fantastico,
leggera nebbiolina e si scende fino al fiume. Poi si segue un sentiero
indescrivibile lungo il fiume, un continuo saliscendi fino a Takao. Paesino con
vari ristoranti sul fiume e incontro un po’ di persone. Il sentiero prosegue
con vari strappetti, niente di impegnativo fino ad un altro paesino. A quel
punto si lascia il fiume e si sale. Salitone incredibile, prima asfalto, poi
carrareccia, poi sentiero, poi gradini nella roccia. Un vista magnifica sulle
montagne e si scende in un bosco fitto e umido. Fino ad arrivare a Kurama. Da
li si risale al Mont. Hiei con una salita di 800 metri in 3 km tra radici e
scalini. Scollino, passo in mezzo ai templi ed è ora di scendere a capofitto su
Kyoto.
Incontro comitive di trekker che, un po’
impaurite dalla mia andatura, mi lasciano passare.
Per poco mi porto una vecchia giapponese
fino in fondo alla discesa, se non fossi riuscito ad evitarla all’ultimo
momento. 6 ore e 20’, 49 km, 2300 metri di dislivello. Ottimo allenamento e
posti magnifici.
Ho la fortuna di lavorare all’università e
di fronte alle finestre del mio studio c’è anche la
pista d’atletica. Quale miglior cosa per qualche allenamento di velocità.
Ovviamente all’università ci sono
gli studenti, che sono più giovani di me e quindi mi sono fatto tirare il
collo, ma ho venduto cara la pelle!!!
Qualche giorno fà infine ho avuto un’esperienza
mistica: sono partito presto per fare la salita del mont. Hiei prima che ci fosse la solita folla, circa alle 7:30 ero all’inizio del sentiero. È lungo circa 8 km e sale di 800 metri, stavo spingendo forte in salita e, circa a metà, c’è un tratto di bosco bellissimo con pini altissimi. Intravedo qualche cosa di bianco
tra gli alberi troppo grande per essere una capra o un altro animale, proseguo e incrocio un monaco maratoneta del mt. Hiei, una vera rarità. Mi saluta, provo a prendere il
telefono per fargli una foto
(la foto che allego non è mia), ma mi fa segno che non vuole, rispetto il suo desiderio, mi inchino e lo saluto. Lo
seguo con lo sguardo, io ero in calzoncini cortissimi, canottiera, scarpe da
trail leggerissime, zainetto minimale e sudavo come un bestia, lui era
fasciato da più strati di tessuto bianco, un paio di sandali di paglia,
un cappello assurdo in testa, qualche borsetta bianca appesa e
un lungo bastone. Sembrava danzasse in discesa, non andava molto forte, ma si
muoveva con naturalezza. Che
incontro!
Ormai il lavoro è finito,
la trasferta pure, si rientra a fine luglio. Ancora il tempo per qualche
corsetta a Kyoto, Tokyo e Osaka e poi si ritorna alle amate colline della
Munfrà Valley.
Esperienza positiva
e molto arricchente, tutti dovrebbero passare del tempo all’estero, non solo
per correre, ma per sentirsi un po’ extracomunitari. È vero ho la fortuna di
viaggiare nel migliore dei modi da privilegiato e non certo scappando da guerre
o dalla povertà su un barcone. Ma certe volte, quando sei in un paese
straniero, dove non capisci la lingua, dove non comprendi certi comportamenti e
ti devi adeguare alla nuova realtà per poterci vivere anche solo per qualche
mese, quando è evidente che sei tu lo
straniero, forse capisci un po’ meglio cosa provano tanti migranti e si impara
ad essere più tolleranti e più aperti.
Negli anni ho
aggiunto ai miei viaggi la grande fortuna di poter correre e questo mi dà una
marcia in più per esplorare il mondo che mi circonda e ho voluto condividere
queste sensazioni e questi pensieri. Alla prossima. Sayonara. Antonio.
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