venerdì 30 settembre 2016

Non si molla un... ma chi l'ha detto?!

SONO CAMBIATI SOLO I LINK
Sono diverse settimane che vorrei scrivere questo post ma le tante gare e le info podistiche non lasciavano spazio a piccole riflessioni che avrei voluto mettere nero su... giallo!
Nel corso di questa lunga primavera-estate podistica è capitato spesse volte di soffermarmi a chiacchierare con il Prof. Natalino Deandrea nel pre gara o durante lo svolgimento delle competizioni in attesa dell'arrivo dei runner.

La sua conoscenza nel mondo dell'Atletica Leggera e di ciò che gravita intorno è talmente vasta che io ogni tanto (spesso) annuisco, senza sapere realmente di cosa stia parlando o meglio senza avere una solida base per confrontarmi su alcuni aspetti.

In una delle nostre chiacchierate si è parlato della classica frase slogan "Non si molla un.." diciamo di un cm.

Frase che potenzialmente ha un perchè motivazionale. Un auto incoraggiamento a resistere alla fatica, a non mollare quando la mente per spirito di conservazione della specie tende a farci tirare i remi in barca. Fin qui nulla da eccepire. La corsa è fatica e il raggiungimento degli obiettivi è un continuo mettersi alla prova e ben venga il non mollare. Ma, c'è ma...

Il ma è l'esasperazione! Quando il non indietreggiare significa farsi male non è più salutare ed è certamente un gesto di saggezza e non di codarderia fermarsi per capire cosa ci sia che non vada prima di compiere il danno. Il grido "Non si molla un ..." in queste situazioni significa infortunio lungo e duraturo per diversi mesi se non addirittura appendere le scarpe al chiodo.

In questi anni di presenza costante sui campi gara ho visto diversi atleti correre con problematiche di varia natura nella speranza che fosse un dolore passeggero per poi non avere più notizie per lungo tempo. E' vero che se assecondassimo ogni piccolo campanello d'allarme non correremmo più, ma un problema persistente non si vince con "Non si molla un..."

N.B.
Questo è un pensiero personale formulato ad alta voce senza un reale valore. Il mio pensiero sull'argomento. La foto di copertina con il Prof. non significa che lui condivida in toto quanto da me scritto

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2 commenti:

  1. E non posso che quotare il tutto! D'accordo al 100%; per arrivare a conoscersi e ascoltare il corpo, un'arte che si chiama "Body Sensing" ci va costante pratica giornaliera e i più sono interessati solo al lato superficiale dell'allenamento.. "No pain No gain?" No grazie! Io sono per l'allenamento intelligente! ;)

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  2. Grazie Mattia, la consapevolezza di se però forse è passo successivo che richiede un lavoro su se stessi notevole. Nel concetto è più banale. E' inutile perseverare quando è evidente che ci sia qualcosa che non va o peggio quando l'allenatore di turno ti porta al fermo duraturo per non aver rispetto dei momenti di recupero per incompetenza o per mancanza di comunicazione tra atleta e allenatore

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