martedì 10 maggio 2016

Alex Schwazer non mi rappresenta

Il prologo
Ho smesso di entusiasmarmi per le imprese sportive ormai da molto tempo.
Forse il primo scricchiolio nelle mie certezze è avvenuto con i mondiali di nuoto di Roma nel 1994 con le fenomenali cinesi e il loro prodigioso brodo di tartaruga, via via i vari pseudo scandali sul doping mi hanno portato a vivere con un certo distacco le grandi prestazioni nelle varie discipline che per passione seguo.

Il caso
In questi giorni e negli ultimi mesi la vicenda Schwazer, archiviata la sanzione, ha catalizzato i giornali cartacei e on line mettendo in mostra la sua progressione nella condizione. Domenica l'exploit, direi atteso, con la vittoria ai Mondiali a squadre e con un assolo personale. I siti di vario genere e socialnaviganti entusiasti per il suo ritorno, hanno glorificato la sua presenza alle Olimpiadi di Rio.

La considerazione più impopolare
Non mi sento rappresentato da chi ha usato metodi illeciti per affrontare un momento difficile della propria carriera. Sia ben chiaro, AS ha tutto il diritto di gareggiare e mettere in mostra la sua rinnovata vita sportiva, ma da italiano vorrei che chi rappresenta la mia nazione non abbia un passato fatto di scorciatoie e per queste intendo chiaramente il doping

Captatio Benevolentiae
La conferenza stampa dopo la sua positività, durante le Olimpiadi di Londra, aveva già diviso l'opinione pubblica con una reazione di comprensione generale che mi aveva sorpreso. Il pianto in diretta, il viso da bravo ragazzo, l'alone che si era creato intorno a lui lo avevano già parzialmente reso scusabile

AS-ADC
Però non dimentico. Non dimentico che Giorgio Calcaterra, non più di anno e mezzo fa, dal sito Podisti.net tuonò contro Alberico Di Cecco (squalifica di due anni per doping nel 2008), affermando che non lo voleva ai mondiali di Doha e tutti dico TUTTI si spellarono le mani, io per primo, per applaudire Re Giorgio per la sua posizione. No a chi è stato squalificato per doping in nazionale.

Due pesi due misure
Schwazer ha certamente più fascino mediatico di Di Cecco e così l'alto atesino è diventato il paladino del riscatto, ma io continuo a spellarmi le mani per Giorgio Calcaterra e ancora ieri mi scrive alla mia domanda su cosa ne pensasse dell'affaire Schwazer:"Io l'ho sempre detto e lo ribadisco. La lotta al doping si può fare solo con pene più serie. Una di queste è non far rappresentare i colori della nostra nazione a chi ha barato".

Valeria Straneo invece preferisce non commentare ulteriormente e mi lascia questo articolo per esprimere il suo pensiero: CLICCA QUI

Chi ha pagato i propri errori deve essere riabilitato
Questa è la frase che è emersa dai confronti che ho avuto prima di scrivere questo post. Qui ritorna prepotente il "Due pesi due misure" scritto sopra. La mia risposta comunque è che l'istituzione della riabilitazione sia un principio inderogabile di un paese democratico, ma come nella giustizia ordinaria, per taluni fatti, sono previste sanzioni accessorie durature, come per esempio l'interdizione perpetua dai pubblici uffici. Esempio. Un amministratore pubblico condannato per concussione, anche dopo aver scontato la pena, non potrà più rivestire quel ruolo, ma potrà fare altro nella vita.

Non riporto le tesi a favore perchè basta scrivere nome e cognome su google di AS per vedere l'unanime assenso e giubilo o aver aperto un qualsiasi quotidiano in questi giorni.

Io però non mi lego a questa schiera e morrò pecora nera (cit. Guccini)


Immagine di copertina tratta da una ricerca su google




5 commenti:

  1. Quanto espresso da Calcaterra non fa una piega... Inamovibile.

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  2. Caro Fausto, ecco la seconda pecora nera.
    Calcaterra è la nostra fiaccola olimpica.

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  3. Grazie dei commenti sul blog. Ho espresso un mio sentire ed è un argomento talmente spinoso che era inevitabile che qualche prendesse di petto l'argomento

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  4. Hai espresso pari pari, il mio pensiero. "Due pesi due misure" è eufemistico, visto che la FIDAL, ha ignorato e cambiato regolamenti, convenzioni e tradizioni.

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  5. Ciao Fausto, sono pienamente d'accordo con te. L'unica differenza e che mia delusione con l'atletica leggera e iniziato un po prima, in 1984 quando ho sentito gli spettatori Americani agli olimpiadi di Los Angeles fischiare ogni atleta straniero che ha vinto contro un americano. Questo cosi subito dopo i primi mondiali di Helsinki davanti un pubblico veramente informato che ha saputo davvero apprezzare quello che ha visto, chiunque l'abbia fatto. Seguito poi da Florence Griffith Joyner e Ben Johnson, et al. Sembra che i media hanno bisogno ogni volta del nuovo fenomeno, stile Marion Jones e tutti gli altri. Atleti oggigiorno, se non sono tonti, al massimo vengono scoperti a dieci anni di distanza dall'evento, squalificati retroattivamente, forse restituiscono la medaglia, ma mai i soldi guadagnatigrazie ad una carriere disonesto e fraudolento.

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