giovedì 24 aprile 2014

Affacciato alla finestra, in attesa del 25 aprile

Affacciato alla finestra, in attesa del 25 aprile
E' il 24 aprile, la città è in fermento, non è il primo caldo primaverile, c'è qualcosa nell'aria, si sente, lo si percepisce dall'andirivieni delle persone, qualcosa sta per succedere.
Non è oggi, forse domani. Mi affaccio da questa finestra sul mondo, quel mondo che sta per cambiare, anzi è già cambiato, vedo le espressioni del volto della gente un misto di rabbia e gioia che stentano a convivere, troppi segni nell'animo hanno lasciato questi anni, duri, durissimi, impossibile lasciarli alle spalle anche se il cambiamento è iniziato.

Il color nero delle tenebre sta lasciando spazio al rosso, quello della speranza, sarebbe il verde, ma furoreggia il rosso, nei foulard, nelle bandiere, nell'animo e traspare persino nelle parole. Ed io? Io osservo, di tanto in tanto faccio capolino, cerco di capire se quello che si aspetta da un momento all'altro sia avvenuto, ma ancora nulla e intanto la febbre sale, mi sembra che tutti corrano, ma dove andranno così di fretta? Eppure non me la sento di uscire in strada. 

Il nero non mi è mai piaciuto eppure me lo sono fatto andare bene, non l'ho mai osannato, ma nemmeno osteggiato, se non nel chiuso delle quattro mura domestiche, per paura, paura di quello che sarebbe potuto succedere dissentendo dall'idea comune, quella imposta. Disprezzo quelli che da quando il vento soffia in un'altra direzione e ancora di più in queste ore hanno cambiato colore, indossando il rosso come se l'avessero sempre fatto, come se fino all'altro giorno non si fossero chinati non solo al volere, ma anche alla figure precostituite che rappresentavano quelli che ora chiamano i vinti. E forse sono loro i più violenti, si scagliano come cani rabbiosi con la ferocia della paura repressa, li vedo dalla mia finestra e mi vengono i brividi, le parti s'invertono, non se ne accorgono; fa parte del gioco dice qualcuno, ieri a noi oggi a loro, ma non è così per tutti fortunatamente. 

Osservo da questo mio angolo privilegiato chi siano veramente i "buoni", se buoni si può essere in questo mondo che ha visto i peggiori scempi. Loro sì che hanno la mia ammirazione, la mia gratitudine per non aver chinato il capo, per essersi nascosti, per aver agito al momento opportuno, per aver creduto fermamente e contro ogni controversia ai loro ideali, ora dopo ora, giorno dopo giorno. Sono scesi dalle montagne, hanno conquistato con le unghie, con il sangue, cm dopo cm, metro dopo metro la nuda terra e sono arrivati fino in città. Sono senza colore ai miei occhi, ma li so distinguere! Quelli della prima ora è altra gente, non ha più la pelle, sono foderati di principi, si sono nutriti di fame, freddo e ideali e senza quelli sarebbero morti, tutti. Ora però non si nascondono più, possono mostrarsi impavidi, come lo erano lassù sui monti, ma io non scendo in piazza, rimango rintanato nelle mie quattro mura, per onestà intellettuale, la mia dignità mi impone di rimanere quassù, come non ho avuto il coraggio della clandestinità, ora non mi elevo a vincitore con il merito di altri. E la radio? Tace, cosa aspettano? Non siamo ormai alla fine? Non è l'inizio della nuova era, della stagione color rosso? L'attesa, è infinita, snervante, ciò che è evidente negli occhi della gente, stenta ad essere ufficiale. Vado a dormire spengo la candela, spero l'ultima dell'epoca della guerra, domani è il 25 aprile, chissà, forse sarà il giorno che tutti ricorderemo, per essere il nostro giorno, il Giorno di tutti, il Giorno della Liberazione.

15 commenti:

  1. Grazie, Fausto, per aver ancora una volta aperto la tua finestra sul mondo.

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    1. Ti ringrazio Daniele, non mi aspetto un complimento così spassionato, grazie!!!!!

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  3. Non c'eravamo e non possiamo sapere cosa si provava in quei momenti,ma sappiamo che oggi godiamo della libertà grazie ai sacrifici di molta gente coraggiosa e fiera di difendere la libertà,a loro và il mio pensiero ed il mio cuore e non solo in questa occasione...ma sempre e comunque grazie della vostra "RESISTENZA".

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    1. Il post nasce proprio da questa domanda. Come mi sarei comportato io in quel contesto storico? Chissà, tempi lontani e così diversi dalle nostre comodità e certezze.

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  4. Mi piacciono le tue considerazioni, le condivido in pieno. Sono nato subito dopo la guerra, i ricordi li ho avuti dai miei famigliari (agricoltori rigorosamente di chiesa e legati alla DC).
    Li ho mai sentiti dire di essersi schierati da una parte o dall'altra, ne di aver subito angherie particolarmente pesanti.
    Ogni tanto i tedeschi si invitavano a pranzo, portavano anche del salame; "invitavano" mio padre ad effettuare anchedei trasporti di materiale col carro, tutto lì. Verso i partigiani non ho sentito critiche.
    Curiosamente intorno ai 20 anni ho saputo da Popolesi che mio padre e mia zia avevano aiutato economicamente durante la guerra alcune famiglie di partigiani in particolari ristrettezze!

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    1. Grazie per la tua esperienza del periodo, tra chi ha commentato sei il più titolato per aver avuto un contatto diretto con quel periodo anche se forse nelle piccole realtà contadine si percepiva meno il peso della realtà socio culturale

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  5. Anch'io ho la tendenza a restare alla finestra perché non mi sento in grado di contribuire a cambiare il mondo. Da grande però scenderò in strada e i cattivi non avranno scampo.

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  6. letto anche se in ritardo...bello

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    1. Grazie Paolo, un post extra podistico a cui però tengo molto!

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